Il Popolo del Mare

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Complesso nuragico s’Arcu ‘e Forros.

Complesso nuragico s’Arcu ‘e Forros.

Nella vallata del Riu Pira ‘e Onni, in un’altura al confine con la Barbagia, in territorio di Villagrande, si trova il Complesso Nuragico di S’arcu ‘e is Forros, che comprende un vasto villaggio e tre templi a megaron dedicati al culto delle acque.

Gli scavi, iniziati intorno agli anni ‘80 del secolo scorso, hanno portato alla luce due grandi templi, dei forni e altre strutture che fanno pensare che questo fosse un importante centro metallurgico.

Purtroppo, nel corso degli anni, ci sono state molte violazioni clandestine.

I templi sono stati costruiti in un arco di tempo fra il XII ed il IX secolo a.C. su un preesistente villaggio di capanne del Bronzo Medio (XV secolo a.C.) sulla parte più alta del colle.

Culto delle acque.

I primi scavi hanno portato alla luce un grande tempio del tipo a megaron, legato al culto delle acque. Il tempio presenta una pianta rettangolare formata da quattro vani. Vicino si trova un fabbricato composto dall’unione di due piccole torri troncoconiche con apertura alla base, probabilmente fornaci per la fusione dei metalli: rame, piombo e ferro. L’edificio, in origine, verosimilmente, era coperto con un tetto a doppio spiovente sorretto da travi in legno completato da lastre di scisto.  Durante le cerimonie religiose che si svolgevano nel tempio, l’acqua defluiva all’esterno, tramite un’apertura ricavata sul lato destro della seconda camera, e si immetteva dentro una canaletta.

Seconda campagna di scavi.

Dal 2007-2011, riprendono le campagne di scavo che riportano alla luce altre due strutture sempre dedicate al culto. La prima, il tempio a megaron 2, di pianta semicircolare, lunga 14,5 metri, è suddivisa in tre ambienti. E’ costruita in granito e scisto locali, in origine il tetto era a doppio spiovente formato da pali in legno e fronde di canne e paglia.

Nel secondo tempio nasconde  una scoperta eccezionale, svela  un meraviglioso altare votivo. costruito su un fondo di ciottoli di fiume su cui sono poggiate cinque file di blocchi squadrati, alternati in diversi colori e ricavati da rocce di basalto e vulcanite.

La parte centrale è abbellita da due protomi di ariete scolpite in altorilievo nel basalto. Sopra l’altare , nella parete, ha trovato posto un   focolare rituale formato da cunei di basalto posizionati in modo da ricordare la parte finale di un nuraghe.

 

Durante gli ultimi scavi viene alla luce  un’estesa sezione del villaggio, costruito intorno ai templi, risalente all’età del Ferro, precisamente un agglomerato di 12 ambienti affacciati su un cortile circolare.

L’abitato era caratterizzato da una fiorente attività artigianale di lavorazione di metalli che, molto probabilmente, produceva gli oggetti donati come voto nel corso delle cerimonie religiose, oltre ad oggetti di uso comune.

http://www.regione.sardegna.it/vids/virtual_archaeology/13_VILLAGRANDE/villagrande_aumentata_video_720p-it.mp4

http://virtualarchaeology.sardegnacultura.it/index.php/it/siti-archeologici/periodo-nuragico/complesso-nuragico-di-s-arcu-e-is-forros/percosi-virtuali-web

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Migranti del neolitico in Sardegna

In questi giorni è stato pubblicato uno studio, sulla rivista scientifica, Scientific Reports, che riguarda direttamente la Sardegna e i suoi abitanti.

L’articolo pubblicato riporta le scoperte effettuate da un’equipe di ricercatori in base alle  analisi sul Dna estratto dai resti di due nostri antenati trovati nella grotta di  di Su Carroppu di Sirri a Carbonia, resti antichissimi che testimoniano  la presenza umana nell’Isola da tempi remoti.

Il progetto di ricerca, finanziato dalla Regione Sardegna, è nato per fare un po’ di luce su un periodo storico scarsamente conosciuto: il  primo popolamento neolitico della Sardegna (VI-V millennio a.C.).Il lavoro di ricerca è stato  coordinato dal docente di Preistoria e protostoria del Dipartimento di Storia dell’Ateneo di Cagliari, Carlo Lugliè, in collaborazione con l’Università di Firenze e di Ferrara.

Attraverso l’applicazione di avanzate tecnologie per la caratterizzazione del Dna mitocondriale sono state esaminate le sequenze genetiche ottenute che  sono state poi confrontate con dati antichi e moderni.  Gli studi effettuati hanno svelato che la variabilità genetica della popolazione attuale dell’Isola si discosta in maniera significativa da quella dei primi uomini che l’hanno colonizzata. Questa diversità è dovuta al flusso migratorio che ha interessato l’Europa circa 8.000 anni fa e che ha portato  in Sardegna individui provenienti probabilmente dall’Anatolia e dal Mar Caspio.

Sembra essere scientificamente certo che le sequenze genetiche dei campioni di Su Carroppu, appartengano ai gruppi definiti J2b1 e I3, gruppi che in Europa registrano frequenze basse. Nei campioni prelevati dai reperti nel territorio di Carbonia, invece, non è stato rilevato il gruppo U, molto comune tra gli abitanti del neolitico studiati in Europa.

Ci sembra di poter affermare che l’ospitalità sarda ha origini davvero lontane.

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Muraglia megalitica di Sa Mandra Manna – Tula | VIDEO

Sa Mandra Manna

Il sito archeologico Sa Mandra Manna, 2700- 2200 a. C., si trova a Tula, in provincia di Sassari, poco  distante dal Rio Mannu – Coghinas.

Oltre all’imponente muraglia megalitica, comprende una tomba di giganti, un complesso di domus de janas e  fonte nuragica di “Tiu Raspa”.

Lunga 188 metri la “muraglia” include alcuni ambienti e  un “nuraghe a corridoio”. L’accesso è delimitato da un varco che presenta una grossa trave in trachite.  In alcune lastre sono incise  incise profonde scanalature a coppella il cui significato è ancora sconosciuto.