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Launeddas (1)

In un tempo lontano, in una radura vicino al mare, viveva Sadur, vecchio pastore dai lunghi capelli e dalla barba gialla. La sua capanna era come quelle che, ancora oggi, si possono vedere nelle terre del Gennargentu. Un cerchio di pietre murate a secco, sormontato da frasche chiuse a cono, delimitava lo spazio in cui viveva con la sua giovane moglie e la figlia Greca. Quando il gregge gli dava tregua sedeva in riva al mare a scrutare l’orizzonte. Temeva di vedere in lontananza le vele rosse delle imbarcazioni fenicie, dalle quali sbarcavano uomini pallidi e dalle corte vesti, che si riversavano nella pianura circostante, razziando e bruciando quanto incontravano sul loro cammino.

Anche se da molte stagioni dal mare non era arrivato nessun pericolo e la piccola comunità di pastori viveva in tranquillità, Sadur, forse a causa del fatto che con  l’età aveva perso vigore e non si sentiva in grado di difendere la sua famiglia, era agitato e inquieto. L’unica sua consolazione erano dei piccoli flauti di legno, di diverse dimensioni tra loro, che da tempo aveva preso a costruire. Li suonava uno alla volta, ricavandone una melodia monotona, ma piacevole.

Un bellissimo giorno di primavera, le paure di Sadur si concretizzarono nelle vele rosse che apparvero all’orizzonte, spinte da un vento invisibile sembravano venire dal nulla. C’era poco tempo per pensare  e il vecchio pastore decise di mettere in salvo sua moglie, sua figlia e parte del gregge, lui sarebbe rimasto per dar modo alle sue donne di mettersi in salvo, verso la montagna. Con lui rimasero poche pecore e i piccoli flauti di canne.

Appena toccata la terraferma, gli invasori si diedero alle razzie, bruciarono le capanne del piccolo villaggio e uccisero gli animali per mangiarli. finito il banchetto, il giovane capo degli invasori chiese a Sadur di suonare per lui, una melodia lenta si levò nel silenzio della pianura. Ad un tratto, però, come preso da un’idea balzana, il fenicio ordinò al pastore di suonare i flauti tutti insieme, allora Sadur legò le canne fra loro, servendosi di un’erba filamentosa, e prova e riprova riusci a suonare un motivo melodioso e armonico che incantò i fenici, i quali sazi e soddisfatti si addormentarono.

Appagato e felice il giovane capo disse al vecchio pastore che avrebbe esaudito ogni suoi desiderio. Il desiderio più grande era quello di far tornare moglie e figlia, senza che corressero nessun pericolo. Ottenuta l’assicurazione che nulla sarebbe accaduto alle due donne, Sadur andò a prenderle il giovane fenicio quando vide Greca se ne innamorò e decise di stabilirsi in terra di Sardegna.

Sadur continuò a suonare, per molto tempo ancora, i flauti di canna, legati fra loro con erbe filamentose.