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Necropoli ipogea ” Su Crocifissu Mannu” Porto Torres – Sassari | VIDEO

Purtroppo anche questa necropoli si trova in uno stato di abbandono, nessuna segnaletica che aiuti a raggiungere il sito e nessuna sorveglianza di questo patrimonio archeologico. Si trova in un’area archeologica di notevole interesse, nei pressi ci sono una decina di nuraghi, i dolmen di Frades Mudos e il Monte D’Accoddi. E’ composta da una ventina di tombe,alcune a pozzo altre alle quali si accede attraverso un corridoio, le stanze sono comunicanti tra loro e, in alcune, sono presenti fregi simbolici, protomi taurine, false porte e ornamenti di vario genere.    

 

 

Storia

Neolitico in Sardegna: la cultura di Bonu Ighinu ( 4000 – 3400 a. C.)

Per cultura preistorica si intende la diffusione di modi di vita, di credenze e di sistemi abitativi nello stesso territorio e in un determinato arco di tempo. La cultura di Bonu Ighinu è una di queste e appartiene al Neolitico, testimonianze di questa cultura si trovano soprattutto nella Sardegna Occidentale.

 

 

Alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, in località Cuccuru S’Arriu vengono scoperte delle tombe ipogeiche scavate nell’arenaria, le tombe sono praticamente intatte per cui è possibile una datazione certa ed è possibile fare luce su un periodo ancora poco conosciuto della storia sarda. Nelle sepolture, di forma ovale, giaceva il defunto, sul fianco sinistro in posizione fetale, la mano destra stringeva una statuina della dea madre. Il corredo funerario, in una delle tombe, era composto da  quattro vasi, due conchiglie aperte incrostate di ocra rossa,   punte in osso poste sopra la testa, altre quattro vicino  alle ginocchia, alcune perline e punte di ossidiana.

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La presenza di una necropoli suggerisce la presenza  di un agglomerato abitativo, ma bisogna aspettare il 1971 perché  nella grotta “ Sa ucca de su Tintiriolu” vengano ritrovati vari  utensili d’osso e statuine votive in pietra. La grotta doveva essere usata a scopo di culto, ma questi ritrovamenti rafforzano la teoria che in quella località dovesse esserci un insediamento umano di discrete dimensioni. Tutt’intorno sono stati cercati resti di  capanne o comunque sistemi abitativi, le tracce rimaste non sono molte perchè le capanne erano realizzate in legno e frasche,sono state ritrovate, però, tracce di  depositi ovali pieni di cenere, carbone, frammenti di ceramica e ossa di animali. Gli uomini  di Bonu Ighinu coltivavano  i cereali, erano dediti l’allevamento del bestiame, alla caccia e alla raccolta dei molluschi.  Il sito archeologico si trova nei pressi della chiesa del Buon Vicino a Mara, in provincia di Sassari,  da qui il nome attribuito alla cultura: Bonu Ighinu.

Tra i reperti venuti alla luce vi sono: manufatti di ceramica, anelloni e statuine di pietra e vari utensili d’osso e di ossidiana.

La ceramica di Bonu Ighinu è raffinata e presenta vari motivi incisi, si differenziano comunque, nell’impasto e nelle decorazioni, le ceramiche di uso quotidiano da quelle per il culto. Le strutture  sono essenziali, si tratta di scodelle emisferiche e vasi a collo che, nelle forme più comuni, non presentano anse per la presa, ma solo piccole protuberanze. Sono stati ritrovati anche dei mestoli e dei cucchiai.  La decorazione della ceramica presenta dei disegni geometrici, l’ abbellimento avveniva a crudo e con diversi strumenti e tecniche, in genere venivano  incisi nella ceramica dei rombi, delle linee, fregi a zig zag…

Caratteristici di questa cultura sono i cosiddetti “anelloni litici”. Sono degli anelli di pietra di varia grandezza, possono essere anche cilindrici, hanno sempre un foro al centro e per la maestria con la quale sono stati lavorati si pensa all’uso di una sorta di “trapano”cavo, come detto sono  finemente levigati, ma non se ne conosce l’uso. Potevano essere degli oggetti ornamentali, oppure oggetti da lancio nella caccia o, ancora, oggetti simbolici e di comando.

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Gli scavi del sito archeologico di Bonu Ighinu hanno permesso anche il ritrovamento di varie statuine femminili rappresentati la Dea Madre, che presentano delle forme arrotondate e hanno un aspetto pingue a “raccontare” l’abbondanza. Il ritrovamento di queste statuine dimostra come in Sardegna fosse presente il culto della Dea Madre fin dall’alba della sua storia. Le statuine simboleggiano il grembo della terra che accoglie gli uomini dalla nascita alla morte e li accompagna poi, a fine vita, nella rinascita.